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Dott.ssa Benedicta Orlandi

Non è "tutto nella tua testa"

Aggiornamento: 26 lug


Donna che medita nel deserto

Chi mi segue sa che la miglior fonte di ispirazione dei miei articoli è proprio ciò che accade in seduta ed oggi non faccio eccezioni.


Vi parlerò di G., un paziente biologo e ricercatore, giovanissimo professionista di successo, che ha sofferto per anni di attacchi di panico ed ha cercato nella sua branca una soluzione. In uno dei primissimi colloqui mi ha detto: "Ad un certo punto mi sono sottoposto ad approfonditissimi check-up ed analisi arrendendomi, infine, al fatto che tutti quei sintomi fisici non fossero reali. È stato quello il momento in cui ho toccato il fondo del terrore, era tutto nella mia testa! Come potevo curare qualcosa che non era REALE?"

Beh qui c'è un mito enorme da sfatare!

Il fatto che determinati sintomi fisici, come tachicardia, pressione alta, nausea, dolori muscolari, senso di soffocamento e così via, siano somatizzazioni (quindi connessi alla nostra salute mentale) non è un qualcosa che li rende irreali. Come ormai ripeto da anni "il corpo accusa il colpo” di ciò che ci succede ed è spesso il campo di battaglia in cui si manifestano i sintomi psicologici, ma questo di certo non rende tali sintomi incurabili, anzi!

La salute mentale è un qualcosa di molto concreto ed al pari della salute fisica si può affrontare in modo pratico ed efficace.

Molti non lo sanno, ma esistono numerosissime tecniche di cui uno psicoterapeuta in base al suo approccio si può avvalere per aiutare il paziente ad uscire da determinati stati di sofferenza.


Nel mio modo di lavorare al primo posto c’è di sicuro la relazione e su questo non ci piove. Molto spesso sono proprio le relazioni (che siano le precocissime esperienze infantili o le più recenti ferite relazionali) a farci ammalare, ed allo stesso modo le relazioni (e quindi la relazione terapeutica) possono avere un enorme potere curativo. Ma, oltre a questo, è bene essere consapevoli che ciò che accade in una stanza di terapia non è un misterioso garbuglio di racconti dal quale si resta intrappolati.

A volte una paura dei pazienti è “se apriamo il vaso di pandora allora inizieranno i guai”. Come se, una volta fatto uscire il dolore, non si avessero poi strumenti per affrontarlo e digerirlo. Al contrario, ciò che si fa in terapia è proprio prendersi cura di tali dolori, così che non facciano più tanto male ed in tutto questo il paziente avrà un ruolo attivo e consapevole.

Quello che mi piace fare è proprio mettere al corrente i pazienti di ciò che sta accadendo e perché, condividere obiettivi, capire il sintomo, muovendoci insieme in un percorso di consapevolezza in cui il paziente è un attivo collaboratore.

All’interno di questo percorso, si potranno così utilizzare innumerevoli strumenti e protocolli di studiata efficacia che sono a disposizione del professionista della salute mentale al pari di un professionista della salute fisica.

Per citarne alcuni abbiamo dei training di rilassamento utilissimi per la gestione dell'ansia, training di abilità assertive che ci aiutano nel migliorare la nostra vita sociale, specifiche metodiche di ristrutturazione cognitiva che ci permettono di affrontare e modificare i pensieri disfunzionali ed intrusivi che influenzano il nostro benessere ed il nostro umore, per non parlare di “compiti”, promemoria costruiti insieme, tecniche immaginative o di esposizione narrativa essenziali nel lavoro sui nostri schemi disfunzionali e sulle memorie traumatiche.

Per ultimo, ma non per importanza, nella mia pratica clinica utilizzo spessissimo l'EMDR, strumento efficace e mirato che aiuta a ritrovare equilibrio e benessere anche dopo eventi particolarmente difficili che siamo stati costretti ad affrontare.

Queste sono solo alcune delle metodiche di cui con il mio approccio lavoro ogni giorno fianco a fianco ai miei pazienti, ricordando che il disagio mentale non è qualcosa di spaventoso da cui non abbiamo via di uscita, ma una problematica che possiamo affrontare in modo efficace e da cui trovare sollievo, a volte, anche nel breve termine.


La cosa più bella è vedere i pazienti comprendere ciò che all'inizio sembrava incomprensibile, diventare esperti di sé stessi e padroneggiare sempre più abilità tanto da arrivare al punto di non aver più bisogno di me.


Con questo non voglio dire che un percorso terapeutico sia qualcosa di semplicistico o un insieme di strumenti "magici"!

Al contrario, spesso i meccanismi che si attivano nel luogo sicuro della terapia sono complessi e laboriosi, ricordiamoci che uno psicoterapeuta studia anni e anni per arrivare a poter svolgere tale lavoro. Ma ciò che voglio trasmettere è che un professionista della salute mentale saprà di sicuro trovare la chiave giusta per rendere anche quello che è sembrato per tanti anni una sofferenza indicibile e inscrutabile, qualcosa di comprensibile su cui lavorare con efficacia a quattro mani.


E voi? Avete mai avuto remore e dubbi su cosa si fa in una stanza di terapia?

Vi è mai capitato di vedere, così come successo a G., il malessere psicologico come qualcosa di più spaventoso in quanto incomprensibile ai vostri occhi?


Oppure avete mai pensato allo psicologo come alleato prezioso con il quale coltivare il benessere in un modo comprensibile e condiviso?


Spero dopo tale lettura di aver chiarito qualche dubbio.

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