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Dott.ssa Benedicta Orlandi

Un libro per "guarire"

Aggiornamento: 26 lug


Biblioteca

Un libro può migliorare noi stessi e la nostra vita? La risposta è sì! Parliamo di biblioterapia e dintorni.


Ma in che modo un libro può farci stare meglio?


I libri possono contribuire a facilitare la guarigione grazie alla loro capacità di aprire la nostra mente. La sofferenza, ci può portare molto spesso ad isolarci ed i libri ci danno l’opportunità di riconnetterci con il mondo, con gradualità ed ai nostri tempi.


Leggere ci aiuta a dare parole e significato al dolore e ci rende maggiormente consapevoli del nostro funzionamento. Attraverso i racconti possiamo identificarci nei personaggi, sentirci rispecchiati, immergerci nelle loro vicende, farne esperienza indiretta e attivare riflessioni, sollecitando comportamenti più adattivi.

Si attiva un particolare tipo di apprendimento, detto vicario, in grado di catapultarci in ciò che stiamo leggendo, di farci percepire cosa si prova e si pensa vivendo esperienze altrui più o meno simili alle nostre.

Quei personaggi ci insegnano e trasmettono un qualcosa capace di lasciare un segno nella nostra esperienza. Come afferma una meravigliosa frase di Cassandra Clare “Bisogna sempre essere prudenti con i libri e con ciò che contengono, perché le parole hanno il potere di cambiarci”.


Ma come possiamo usare la lettura affinché sia davvero “terapeutica”?


Sono dell’idea che ognuno di noi può trarre benessere dalla lettura di un libro in maniera autonoma e spontanea. Quando ci troviamo immersi nella lettura di un racconto che sentiamo abbia “attivato” corde particolari in noi, possiamo ritrovarci all’improvviso a provare gioia, sollievo, vicinanza, possiamo sentirci capiti, meno soli o più forti.


Tutto ciò è molto spesso poco prevedibile, ognuno di noi ha una storia unica e particolare, e così potremmo ritrovarci in periodi diversi della nostra vita ad avere bisogno dell’uno o dell’altro genere di storie. Potremmo avere antipatie per un personaggio molto amato da altri e viceversa, potremmo identificarci nell’uno o nell’altro, sentirci più vicini ad una storia piuttosto che un’altra e così via, in un modo del tutto personale.


Quando tutto questo poi diventa fonte di riflessioni allora è lì che si amplifica ed attiva la componente terapeutica. Quando ci chiediamo:

  • Cosa c’è di me in questa storia?

  • Cosa mi sta suscitando?

  • Da quali comportamenti mi piacerebbe farmi ispirare?

  • Quali non mi sono piaciuti e magari mi hanno ricordato vagamente mie azioni autosabotanti?

  • Con chi mi piacerebbe condividere questa parte di me che ho ritrovato leggendo?

Leggere ci dà quel giusto distacco dall’evento che ci consente di aprire spiragli riflessivi e di consapevolezza estremamente ricchi e preziosi.

Se poi tutto questo trova spazio in un contesto di terapia, la valenza “curativa” della lettura assume un peso ancor più tangibile ed acquisisce sfumature interessanti.


Affinché la lettura acquisisca una funzione di cura vera e propria, si ritiene che questa debba essere guidata e proposta da uno psicoterapeuta. Mi trovo d’accordo, ma solo in parte. Nella mia esperienza clinica ho potuto apprezzare anche l’utilizzo che il paziente fa della lettura non solo come strumento psicoeducativo o terapeutico introdotto da me, ma anche e soprattutto introdotto dal paziente stesso. Ed è proprio in quei momenti che la “magia” della lettura in terapia si è espressa nei modi più potenti e creativi.


Spesso mi è capitato che un paziente portasse in seduta un tratto di un libro che si è trovato a leggere e nel quale si è riconosciuto, aprendo da lì aree di consapevolezza che si sono rivelate estremamente preziose nel proseguo della terapia. Molto spesso i libri hanno dato parole a quei pensieri che non trovavano il modo giusto di emergere. Ancor più di frequente, tratti di libri sono stati il modo migliore per “concludere” una riflessione ed un capitolo della vita di un paziente che si sentiva cambiato o diverso e che ha trovato nelle parole di un libro la giusta fotografia di una nuova immagine di sé.


Per concludere, a mio avviso, non ci sono libri “terapeutici” in senso assoluto. Ogni libro può avere un potenziale curativo in base a quello che richiama in noi ed all’uso che ne facciamo. Il modo migliore per scegliere un libro, piuttosto che un altro, è tener conto della nostra unicità e di quel particolare momento della nostra vita, è nel sentire quale libro (man mano che lo leggiamo) ci fa stare bene, ci da quello di cui abbiamo bisogno, ci migliora, ci aiuta ad evolvere verso nuovi modelli di comportamento, ci apre a nuovi modi più funzionali di pensare.


E tu? Hai un libro che ti ha aiutato in un momento particolare della tua vita?


Hai una “pagina del cuore” che ti sei ritrovato a sottolineare o a “salvare” come un promemoria da rileggere all’occorrenza?


Prova a chiederti che cosa dice di te e dei tuoi bisogni, come si lega al tuo passato, alla tua storia, alla tua vita attuale ed ai tuoi legami affettivi, potrebbe essere il germoglio di nuove consapevolezze.



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